In merito alla notizia uscita su La Nazione il 5 novembre scorso, riguardo alla predazione di alcuni vitelli all’interno del Parco della Maremma, nell’allevamento di Ente Terre regionali di Toscana, l’Ente ritiene opportuno comunicare le attività intraprese.
Il Parco della Maremma, al corrente dei fatti, aveva già organizzato una riunione con gli allevatori presenti all’interno dell’area protetta, per informarli delle attività di monitoraggio svolte dallo stesso Ente riguardo alla presenza del lupo e per dichiararsi disponibile a intraprendere le azioni necessarie per ridurre il rischio di predazioni e favorire la necessaria coesistenza, tra una specie protetta quale è il lupo e gli allevamenti di animali domestici.
A tale proposito è già stata fatta anche una riunione con il servizio veterinario dell’ASL 9 per attivare, anche con gli allevamenti all’interno del Parco, il piano messo a punto dalla stessa ASL, che prevede sopralluoghi nelle aziende per valutare le azioni da intraprendere in termini di modalità di allevamento, misure di prevenzione e quanto altro si possa mettere in atto per ridurre il rischio di predazioni. I primi sopralluoghi negli allevamenti, fra cui anche Ente Terre regionali di Toscana, sono già previsti per giovedì 14 novembre proprio per valutare le misure da porre in atto, specifiche per le singole aziende. I sopralluoghi con i veterinari dell’ASL saranno ripetuti anche in tutte le altre aziende che hanno allevamenti, bovini, ovini ed equini all’interno dell’area protetta, anche se non hanno avuto problemi di predazione, per valutare allo stesso modo le eventuali misure preventive da porre in atto.
I sistemi di prevenzione adottati già tempo nell’azienda di allevamento di pecore, Agrobiologica Le Tofane, che aveva subito qualche anno fa la predazione di alcune pecore da parte di lupi, hanno infatti ridotto sensibilmente il problema. La presenza dei cani da guardiania, un diverso sistema di conduzione del gregge, la realizzazione di recinzioni più idonee alla protezione delle pecore, hanno sinora permesso di ridurre il rischio aggressioni e di intraprendere quel necessario percorso di coesistenza tra gli allevamenti e questo grande carnivoro presente nel Parco, la cui prevalente alimentazione è fatta per il 98% di ungulati ed altre prede selvatiche.