Una passeggiata lunga ma alla portata di tutti su una delle spiagge più belle e integre d’Italia fra le colline sempreverdi dell’Uccellina e il fondale chiaro del Tirreno.
Il percorso parte da Marina di Alberese verso sud, con vista su Cala di Forno con la sua antica dogana e la torre, e sulla destra il mare e le isole dell’arcipelago toscano.
Avvicinandoci alla riva del mare, camminiamo su sabbia erosa soprattutto dalle rocce del Chianti Senese, dove l’Ombrone nasce, delle Crete e della val d’Orcia, portata fin qui dalle acque dell’Ombrone.
Vicino al bagnasciuga, incontriamo tutto quello che il mare ha portato: piccole conchiglie, fronde di Posidonia o Cymodocea, frammenti di alghe, exuvie di crostacei, penne di uccelli, pezzi e pezzetti di legno, fino ai grandi alberi strappati dalle rive del fiume dalle piene, e ormai sbiancati. Ma praticamente niente plastica, perché l’Ombrone scorre in una delle parti più belle e meno abitate d’Italia.
La parte più bella e più integra comincia in corrispondenza della Torre di Collelungo, che si può raggiungere anche in bicicletta (acquistando il biglietto).
Sulla sinistra, cominciamo a vedere la splendida vegetazione sparsa della duna, con la successione di piante pioniere, poi via via più grandi e diversificate verso l’interno. Oltre, si intravedono gli alberi bassi del Paduletto, una selva paludosa dove si raccolgono le acque che scendono dalle colline. Avvicinandovi, notate sulla sabbia l’intreccio di file di impronte degli animali che di notte sono i padroni della spiaggia: lepri, istrici, volpi, daini, e persino qualche cinghiale e qualche lupo, oltre ai gabbiani che a centinaia vengo a fermarsi qui col buio. Con un po’ di pazienza si riconoscono il passo e la corsa, i loro incontri e qualche volta i loro scontri.
Verso la fine della spiaggia, il fianco delle colline si avvicina con una lunga falesia rossastra, fino appunto a Cala Rossa, dove la macchia si affaccia finalmente sulla sabbia e sul mare. Questo è un angolo solitario, spesso anche nel cuore dell’estate, e si fa fatica a immaginare che un tempo, quando l’entroterra era quasi impercorribile per la mancanza di strade e di ponti e la minaccia delle malaria e si viaggiava quasi solo via mare, questa era una costa frequentata da pescatori, commercianti, soldati e pellegrini.
Qui si gira per tornare, e con un nuovo colpo d’occhio – questa volta verso le torri di Collelungo e Castel Marino, e fino a bocca d’Ombrone – la spiaggia sembra quasi un’altra.