Un ambiente in continua evoluzione
L’esistenza di questa bellissima spiaggia la dobbiamo al fiume Ombrone, alla costa bassa, e all’opera dell’uomo. All’Ombrone, perché porta la sabbia che le sue acque hanno eroso dalle rocce del Chianti senese, della Val d’Orcia e delle Crete, soprattutto in occasione delle grandi piene invernali. Alla costa bassa, perché permette l’accumulo della sabbia ridistribuita lungo la costa dalle correnti marine costiere, sabbia che il vento accumula poi sulle dune. All’opera dell’uomo, perché una erosione così forte è stata resa possibile nel corso degli ultimi tremila anni dal taglio dei boschi per ricavare legna, campi e pascoli. Ancora oggi, l’Ombrone porta al mare circa 18 milioni di tonnellate di sedimenti all’anno.
La spiaggia così come la vediamo oggi non è però come quella di ieri.
Nel corso del Novecento l’arrivo di sabbia dall’Ombrone è andato diminuendo a causa della ricrescita dei boschi nell’entroterra, del prelievo lungo il corso del fiume come materiale per le costruzioni, e della realizzazione di sbarramenti che la fermano prima che giunga al mare. Così, dopo secoli di avanzamento, nel corso del Novecento la foce dell’Ombrone ha cominciato a ritirarsi, smantellata anno dopo anno dalle mareggiate. L’erosione della foce da parte del mare è oggi rallentata da una serie di protezioni costiere. Le correnti marine hanno quindi rimodellato la spiaggia a sud della bocca d’Ombrone: mentre il tratto fra la foce e la torre di Collelungo si è ristretto perché le correnti sono più veloci, quello successivo, da Collelungo a Cala Francese, dove le correnti rallentano, si è allargato moltissimo. Ancora ottant’anni fa, le onde del mare si frangevano contro la falesia sotto la torre di Collelungo.
In prossimità del mare
A prima vista, per via di tutta questa sabbia, una spiaggia può sembrare un deserto che segna il confine fra la terra e il mare. E in effetti è un ambiente estremo: aridità, temperature che sotto il sole possono diventare altissime, sale portato dagli spruzzi delle onde che si frangono. Ma proprio su una spiaggia come quella del parco, fra le più integre che si possano trovare oggi intorno al Mediterraneo, ci si può rendere conto di quanto poco “desertico” possa essere questo ambiente.
Anche la prima parte della spiaggia a partire dal bagnasciuga, dove non possono vivere piante, ospita comunque un ecosistema semplificato che riceve cibo dal mare. Si tratta di detriti che vanno dagli organismi microscopici del plancton agli alberi strappati dalle piene dell’Ombrone e trascinati fin qui, passando per le fronde di Posidonia o Cymodocea strappate dalle correnti e i resti di animali marini. Tutto questo materiale organico, che sulle altre spiagge viene continuamente rimosso come se fosse spazzatura, è in realtà preziosissimo per molti animali. Gli “spazzini” più tipici vicino alla riva, dove la sabbia è sempre bagnata, sono i talitri, o pulci di mare, piccolissimi crostacei anfipodi che vivono in gallerie scavate nella sabbia e che in primavera e estate si vedono facilmente saltellare qua e là. I talitri sono abilissimi nell’orientarsi di giorno e di notte, e se si trovano sulla sabbia asciutta si dirigono immediatamente verso il mare. Anche altri animali si spingono fin qui: vespe e cicindele per mangiare i talitri, altri insetti e daini per mangiare i vegetali più grandi portati dalle mareggiate, e qualche volta anche volpi e cinghiali.
In cerca di insetti e piccoli crostacei sul bagnasciuga si incontra spesso anche un piccolo trampoliere: il fratino.
Utilizza spesso il bagnasciuga per i suoi spostamenti anche il lupo, alle prime luci dell’alba.
Qualche volta si trovano anche tracce di tartarughe marine, che approdano in cerca di una spiaggia tranquilla per deporre le uova, ma se ne tornano in acqua senza nidificare per via dei troppo predatori, soprattutto volpi e gabbiani.
Sulla duna
A una certa distanza dal mare si cominciano a incontrare delle piante, che come gli animali diventano più abbondanti per specie e per numero a mano a mano che si procede verso l’entroterra e quindi verso condizioni meno difficili.
La prima fascia che si incontra è quella della vegetazione pioniera capace di radicarsi nella sabbia continuamente spostata dal vento e di resistere per non essere coperta dalla sabbia ancora ricca di sale. Qui si incontrano ravastrello, euforbia marittima e gramigna delle spiagge.
Più avanti si trovano invece santolina, eringio, pastinaca, camomilla marina e Limonium etruscum, una specie che vive esclusivamente nel Parco della Maremma.
Sul culmine della duna spiccano i grandi ciuffi dritti dello sparto pungente, seguito sul versante più protetto dal finocchio litorale spinoso, dal giglio di mare, fino ai primi ginepri e al limite del bosco.
Qui, tra i cordoni dunali, si aggirano molti insetti, soprattutto coleotteri, lucertole, testuggini comuni, ai quali nelle ore notturne si aggiungono spesso istrice, volpe, cinghiale e daino.
Come la spiaggia, anche questa comunità è molto dinamica, e in caso di disturbo della duna si ricostituisce rapidamente, anche nel giro di un anno o due. Qui, dove la duna non è stata disturbata e la spiaggia si è anzi allargata nel corso degli ultimi decenni, si è invece gradualmente spostata verso il mare.
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